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​Recensioni

"CICATRICI" (2018)

 

Rockit.it (20/05/2019): "Canzoni d’autore dal metabolismo lento, in questo album della band marchigiana capitanata da Manlio Agostini. Dal taglio misto tra pop, tradizione, folk, i pezzi del disco sembrano appartenere a momenti e ispirazioni distanti, risultando dispersivi. Tuttavia, come da miglior tradizione cantautorale, si avverte il peso di testi profondi e ispirati, a volte melmosi nel dar voce ai fallimenti di un momento storico senza sole. Le melodie vocali si infilano tra le maglie di suoni ora più cupi, ora sbarazzini, rivelando una solida personalità. Il maggior punto di forza di “Cicatrici”? Saper veicolare il messaggio attraverso parole e immagini. Perciò largo al pop, quello più morbido, dal songwriting colto, in “Teoria dell’involuzione” dove l’uomo vede sé stesso, come un automa, davanti ad uno schermo gigante senza colori. Una questione privata, indizio di un passato riconciliato con il presente, è in “Piramide dei bisogni”: simbolo di un viaggio sentimentale che mira al disvelamento. Dal cuore all’impegno sociale, si giunge attraverso “Cicatrici”, “3 Ottore 1943”, “L’elemento sorpresa”: passando a melodie concepite nella penombra di sentimenti raccolti tra le macerie del disastro di Genova, la lotta alla mafia e la memoria partigiana. Interessante questa dimensione di coscienza dell’album tra il personale e l’universale; fino al colpo di coda di “Benedetta nuova vita”, “Albe adriatiche”, “Una notte d’inverno”: canzoni leggere su testi riflessivi tra ganci pop e ritmi, tra cui spicca “Spettacolo”, vicinissima a Samuele Bersani. Che dire di più? I semi sono stati gettati. C’è solo da aspettare e vedere se produrranno frutti." (Libera Capozucca)

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"CAMBI DI STAGIONE" (2013)

 

Fasecontrofase.net (14/06/2014): "Formazione nata nel 2007 (durante un soggiorno ad Abetito di Montegallo), ed amanti della musica italiana (dai vecchi cantautori De Andrè in primis ma anche gruppi recenti come i Baustelle, nel modo di cantare di Manlio Agostini), tra folk e acustico con l’aiuto di strumenti insoliti (mandolini, oboe, flauto traverso, bouzouki, basso tuba) propongono i loro pezzi attraverso versioni originali e strumenti insoliti in un mix entusiasmante …una sorta di Baustelle (in versione folk) meets De Andrè come dicevamo… il chè non è da poco. “Cambi di Stagione”, prodotto dall’etichetta discografica Music Force di Chieti e distribuito da Self, è il secondo lavoro che segue il primo disco in studio del 2010 : “Bagaglio a Mano”, interamente autoprodotto, e che aveva ottenuto un ottimo riscontro sia a livello di vendite che di recensioni. La band è composta da Manlio Agostini (voce, chitarra acustica), Marco Pietrzela (flauto traverso), Alessandro Corradetti (tastiere) e Simone Biancucci (percussioni). Il cd contiene 10 brani e il libretto interno include tutti i testi delle canzoni e per ogni brano dei disegni veramente molto belli ad opera di Marco Zaini che descrive in immagini i titoli delle tracce. Oltre alla raffinatezza degli arrangiamenti, tutti molto ben suonati ed eseguiti, una menzione particolare va ai testi di cui alcuni molto particolari e suggestivi e al bellissimo timbro vocale di Manlio, che con la sua voce molto calda ci accompagna tra i “Canti di nuova Stagione” (…ho fatto un pò di pulizia nel gorgo della mente mia / la rabbia se n’è andata via e a tratti torna la poesia…), alla stupenda “Pantera e Preda” e la ballata di “Giacomino dalla bella voce” (…..Giacomino ha un cuore duro co me il sasso…/ è un uomo che se è triste canta…Giacomino è un uomo che soffriva troppo, ora ride e canta su un mantello rosso, volerà..), fino ad arrivare alla bellezza di “Cartoline da Montegallo” (..sui rami coperti di vita i metri non contano / si lanciano nell’infinito di questa montagna / che solo ora, di sera, trattiene un respiro..) che ci trasporta in un altro tempo e in un altro luogo per arrivare alla fine del cd con “Verrà la tempesta e sarà subito giorno” e “il Vecchio e il Nuovo”, pezzo che chiude questo lavoro, dove fa capolino un organo hammond che conclude nel migliore dei modi questo lavoro davvero ben riuscito." (Giuseppe Bellobuono)

 

Clap Bands Magazine (08/04/2014): "Gradito ritorno sulle scene per gli Abetito Galeotta. Il quartetto di Ascoli Piceno si ripresenta sul mercato discografico con le dieci tracce di Cambi di Stagione, un lavoro onesto e diretto, senza troppi inutili orpelli, che partendo da una base folk pop di stampo cantautorale, si lascia sedurre da derive jazz e di musica popolare, fortemente legata alle tradizioni, alle “feste di paese” e ai racconti di anziani parenti che vengono tramandati alle nuove generazioni. Tenendo bene a mente le preziose lezioni del primo Vinicio Capossela e di Paolo Conte, e di certe atmosfere alla Fabrizio De Andrè, la band marchigiana entra in punta di piedi nelle grazie dell’ascoltatore con ballate dolci e intimiste, oppure con eleganti passaggi strumentali dalle atmosfere vagamente zingaresche (Pantera e Preda). La strisciante malinconia che pervade tutto il disco non è mai fine a se stessa ed esprime intenzioni quasi catartiche, come una sorta di pacificazione coi propri fantasmi interiori, come una ritrovata serenità dovuta a un prepotente ritorno alle radici e alla semplicità. C’è spazio anche per trascinanti valzer campestri (Giacomino dalla Bella Voce), per momenti quasi cabarettistici e scanzonati (L'Artista Consumato) o per omaggi al pop italiano anni 60 (Carbonia).  Tutto il disco è ben equilibrato e omogeneo senza nessuna particolare caduta di tono, anche se manca magari un guizzo o qualcosa che ti faccia saltare dalla sedia, ma nel caso della band marchigiana forse sarebbe stata una forzatura probabilmente inutile, mostrando, nel caso ce ne fosse bisogno una coerenza e una onestà intellettuale che meritano il nostro plauso. Sufficienza raggiunta pienamente. E forse anche qualcosa di più." (Salvatore La Cognata)

 

MusicMap.it (24/03/2014): "Secondo e intenso lavoro degli Abetito Galeotta dal titolo “Cambi di stagione”. Il seguito di “Bagaglio a mano”, per l’appunto il primo cd dei quattro ragazzi marchigiani, presenta tante sfaccettature: folk, popolari (anche nell’accezione più pop del termine), tradizionali, gospel, tanguere, storiche. La pubblicazione avviene a giugno 2013 dopo l’incontro con l’etichetta indipendente Music Force. I brani sono ben strutturati, conditi dalla calda voce di Manlio Agostini e impreziositi dalla presenza di strumenti che lasciano pensare a canti di antiche tradizioni, ma riportati elegantemente alla musica dei giorni nostri. E’ proprio l’eleganza di brani come “Pantera e preda” che dà una delle prime scosse all’album, per poi proseguire con la ricostruzione (alla ''Abetito Galeotta maniera'') della fondazione della città sarda di Carbonia ai tempi del Ventennio. I ritmi si alzano col “Brigante Piccioni” (che, tra l’altro, narra di un brigante realmente esistito nelle Marche dei tempi passati), si riempiono di pathos nell’”Uomo e la sirena”, si rilassano verso la fine del cd per poi esplodere di nuovo nella traccia finale “Il vecchio e il nuovo”, con un gospel ironico e di sicura presa. Per chi ama un cd di buona musica, intensa e poliedrica, l’album “Cambi di stagione” degli Abetito Galeotta è altamente consigliato."

 

AsapFanzine Blog (18/11/2013): "Recensione in 10 parole: folk (anche se è riduttivo riassumere con questa parola tutto il contenuto di un album così variegato), apertura (il brano iniziale Canti di nuova stagione è molto fuorviante: dalle prime note sembra di aver inavvertitamente fatto partire un disco dei Diaframma. In realtà il resto dell'album è completamente diverso), strumenti (un trionfo di flauto traverso, mandolino, bouzouki, violino, violoncello, ottavino, oboe, basso tuba e non solo), milonga (la danza popolare citata in Pantera e preda), Giacomino dalla bella voce (uno splendido incontro tra la miglior tradizione popolare ed un cantautorato moderno e al passo coi tempi), duetto (incantevole quello con Valeria Guidotti nel brano L'uomo e la sirena), osteria (immaginatevi un tavolo di legno, una candela accesa ed un bicchiere di vino: la cornice adatta per apprezzare al meglio questo album)." (Marco Maresca)

 

Ondalternativa.it (04/11/2013): "Gli aggettivi più inflazionati per descrivere gli Abetito Galeotta saranno di certo “eleganti”, “raffinati” e affini. Che ai ragazzi marchigiani faccia piacere o meno, le etichette sopracitate calzano come un vestito fatto su misura. Dopo essersi piacevolmente presentati con l’esordio “Bagaglio a mano”, datato 2010, ritornano a dare alle stampe un disco di inediti dal titolo “Cambi di Stagione”. Dieci tracce intense che ripropongono la formula che i quattro di Ascoli Piceno meglio padroneggiano: folk e cantautorato che pescano a piene mani dalla tradizione italica. E non solo quella della canzone d’autore. Sebbene lo stivale sia da anni percorso da una sorta di revival della leva cantautorale è difficile inserire gli Abetito Galeotta in quel filone. Poco inclini alla melodia accattivante, più dediti alla creazione di brani con arrangiamenti mai banali, cura manicale dei testi e scelta di tematiche da trattare affatto scontate. Valore aggiunto del disco è infatti la capacità di creare affreschi di personaggi e storie al giorno d’oggi sempre più messi ai margini da una canzone d’autore che sembra aver paura di restare scottata da escursioni nel campo dell’attualità e del sociale. Forse non saranno oggetto dell’hype che ha baciato altri artisti negli ultimi anni, principalmente per via della loro ritrosia a cercare soluzioni contemporanee con cui puntellare ed aggiornare il proprio stile. Forse troppo ancorati a ciò che fu e poco propensi alla ricerca di formule nuove. Scelta che, ad ogni modo, rende l’opera dei quattro marchigiani assolutamente riconoscibile nel panorama cantautorale italiano." (Captain Eloi)

 

Causaedeffetto.it (28/10/2013): "L’album “Cambi di stagione” di Abetito Galeotta è ricco di spunti interessanti, a partire dall’impronta “popolare” della musica. Le metafore e le storie legate alla cultura della “festa di paese”, i personaggi creati e inseriti nel contesto riescono a spiegare bene le tematiche affrontate, dall’ipocrisia, al sogno, dalla sconfitta alla vittoria. Il primo brano del disco è “Canti di nuova stagione”, una ballata spensierata, carica di immagini e riflessioni che sanno di sentimento puro. “Pantera e preda” è  una traccia dall’anima popolare, nel vai vieni di tonalità di una favola. Musicalità accattivante, in cui violini fanno d’assolo su una voce che appare a tratti struggente. Un Jazz animato da passione. “Carbonia” racconta le storie di minatori e un sapore di un mondo lontano. Suoni corposi, con i fiati e pianoforti a fare da spalla, tra cambi di ritmo e incedere da favola popolare. “Giacomino dalla bella voce” è evoluzione di suoni da festa del popolo, dove un cantastorie racconta e fa ballare la gente. Suoni bel costruiti, sapore di rum. Come uno stornello, su un suono di pianoforte. Il pezzo “Il brigante Piccioni” è battere di una storia, di un momento di una guerra. Un personaggio semplice, ma allo stesso complesso. Reincarna il perché di una scelta di vita. “L’uomo e la sirena” è una bella ballata coinvolgente e appassionata. L’odore del mare, le emozioni. Un duetto ricco di sfumature e sensazioni. Ne “L’artista consumato” ci sono ancora i suoni di festa di paese, rumore di gente che balla. Racconti di attimi di vita, sparpagliati per terra. Gusto di vino. Poesia di momento sfuggente. Un artista che si guarda dentro. La lucidità di un attimo che non vuole svanire, ma che devono farlo. Non appena l’estate tornerà e ci sarà un nuovo spettacolo. “Cartoline da Montegallo” è un brano prettamente strumentale, eseguito con passione, che ha radici nella musica classica, ma senza abbandonare la vocazione popolare dell’intero disco. Una miscela che rende il brano molto bello e affascinante. Con “Verrà la tempesta e sarà subito giorno” quasi si riescono a vedere gli occhi dei pastori, dei Re Magi. Metafore che richiamano a una storia antica, e allo stesso tempo a sensazioni sempre attuali. Una storia amara, che sembra viaggiare nella storia, prima dalle pagine dei libri, ora con la musica. Ma il sogno è ancora lì. Si vede già la terra. “Il vecchio e il nuovo” è un pezzo caratterizzato dalle immagini delle persone, dei personaggi della vita. Una canzone, che poi è la vita, che viaggia via come un treno in corsa, ingannando il tempo. Consolandosi di alibi. Un disco complesso, ma semplice nelle sue immagini, dirette e ben raccontate. Appassionato e intenso. Adatto per chi vuole sentire delle storie, per chi ama la musica cantautoriale, perché no, di una volta. Da ascoltare." (Daniele Mosca)

 

Loudvision.it (26/10/2013): "Dopo il bell'esordio del 2010 "Bagaglio A Mano", gli Abetito Galeotta tornano con "Cambi Di Stagione" che è un perfetto seguito del predecessore. Quello che emerge da questi dieci brani è un cantautorato maturo, semplice e d'effetto. Da De André ai Modena City Ramblers passando per Vecchioni e Vinicio Capossela, in questo lavoro sono concentrati ingredienti che hanno reso grande la musica cantautoriale italiana, rielaborandola creando così un disco fruibile ai più, per nulla complesso e che rimane impresso già dal primo ascolto. Un buon lavoro, molto vario e maturo. Il piccolo walzer di "Giacomino Dalla Bella Voce" è quasi spiazzante, eppure dopo due o tre ascolti entra in testa, non va più via e si inserisce benissimo nel contesto di un disco che è una continua sorpresa, data la varietà di generi presente in scaletta. "Il Brigante Piccioni" ha un nonsocché di De André, così come "Cartoline Da Montegallo". Molto bella la ballad "Verrà La Tempesta E Sarà Subito Giorno", preludio alla chiusura assegnata a "Il Vecchio E Il Nuovo", folk-pop gradevolissimo e perfetto per congedarci da un disco poetico, ben fatto, mai banale che prova a rilanciare il cantautorato italiano non-mainstream che trova poco spazio in radio e in tv." (Carlo Beccaccini)

 

KDcobain.it (11/10/2013): "Secondo album per gli Abetito Galeotta, quartetto marchigiano formato da Manlio Agostini (voce, chitarra), Marco Pietrzela (flauto traverso), Alessandro Corradetti (tastiere) e Simone Biancucci (percussioni). “Cambi Di Stagione” è il seguito ideale del loro splendido album di debutto “Bagaglio A Mano”: dieci pezzi di cantautoriato colto ed elegante, dalle atmosfere ora più classiche, ora più folk; dieci brani sofisticati che nulla hanno a che fare con l'odierna musica fatta di canzoni usa e getta. Tanti i brani degni di nota: “Carbonia”, ballad dall'atmosfera rétro dedicata ai minatori del Sulcis, “Il Brigante Piccioni”,figura mitica del Risorgimento picentino, o ancora il valzer di “Giacomino Dalla Bella Voce”, o la milonga di “Pantera E Preda”. “Cambi Di Stagione” è un album delicato, poetico, intelligente, che appassiona e non annoia mai. Un plauso agli Abetito Galeotta." (Giacomo Messina)

 

Culturaeculture.it (02/08/2013): "Il sorprendente cantautorato, made in Ascoli  Piceno, degli Abetito Galeotta, giunti al loro secondo lavoro discografico, intitolato “Cambi di stagione” , è una piacevolissima cavalcata tra sonorità classiche, bucoliche ed eteree e raffinate impennate folk. L’oggettiva bellezza dei  testi, ben scritti e assolutamente significativi, è arricchita dall’uso ben calibrato di strumenti pregni di fascino come il flauto traverso, l’oboe, il violino ed il sax. Dieci tracce complesse, canti di una nuova stagione tormentata dagli echi di un passato pieno di bugie e malefatte. Vecchio e nuovo in perenne contrasto per dei “Cambi di stagione” carichi di pathos. Gli Abetito Galeotta si candidano a nuovi alfieri del cantautorato nazionale con tante carte in regola, ma un cantato più osato darebbe certamente maggiore risalto a delle liriche così dense di contenuti. “Canti di nuova stagione” apre l’album tra ascese e discese, sogni e bisogni dell’uomo attraverso suoni, leggende e ricerca popolare. La suadente milonga di “Pantera e preda” descrive l’elegante gioco di un corpo a corpo, che si conclude nel mistero, mentre “Carbonia” gioca, con sottile ironia, col proletariato senza diritti di un passato sempre più presente. “Giacomino dalla bella voce” è un uomo stordito dai propri limiti la cui storia s’incastona, con grazia, nel mosaico fatto di storie reali e immaginarie cantate dagli Abetito Galeotta. Manlio Agostini (voce, chitarra acustica), Marco Pietrzela (flauto traverso), Alessandro Corradetti (tastiere) e Simone Biancucci (percussioni) sono dei cantastorie “sui generis” e, a metà strada tra il serio ed il faceto, raccontano con delicatezza le vicende risorgimentali de “Il Brigante Piccioni”. Ne “L’uomo e la sirena” il protagonista si lascia incantare dalla bellezza dell’ignoto e, con un salto sulla giostra dei se, perde coscienza di sé. Nella frase  “Arte è ciò che sveglia un sentimento”,  risiede l’essenza di “L’artista consumato”, il brano che rappresenta un inchino alla fantasia umana. La montagna diventa viva in “Cartoline da Montegallo” e trattiene il respiro prima che “Verrà la tempesta e sarà subito giorno”. Tra “Il vecchio e il nuovo”, infine, cuori di sabbia aspettano un segno, un cenno per diventare più buoni." (Raffaella Sbrescia)

 

La Scena.it (25/07/2013): "L’equilibrio tra sperimentazione sofisticata e melodia a presa rapida si traduce e si compone per i marchigiani Abetito Galeotta nell’arte di incastonare racconti e storie delicate all’interno di un puzzle che rilegge immaginario e reale nel vortice tenero delle emozioni; ne è la prova il nuovo “Cambi di stagione”, dieci brani “affabulatori” che tra sintomi di field recording, la scuola DeAndreana (Il brigante Piccioni,Verrà la tempesta e sarà subito giorno, Il vecchio e il nuovo), ballate folkly e spazi in cui atmosfere ancient fanno yo-yo come un interplay di piacere, coinvolgono e declinano la dolcezza a rappresentarli come ambasciatori di buoni ascolti e altrettante notevoli bellezze. Il quartetto di Ascoli Piceno cesella un mondo poetico fatto di note e musiche che punta a non celarsi dietro macchinose strutture, ma che si presenta ora in punta di piedi ora con la grazia dei raccounteurs d’altri tempi, parola e suono si amano e si uniscono come in un amplesso acustico senza mai perdere in schiettezza, dove niente funge da riempitivo, e la felice risulta è appunto questo quasi quaranta minuti di bel sentire, in cui rilassarsi è obbligo e ascoltare è pura lenitiva d’anima che si spalma tra spessore e una accattivante noncuranza per le cose urgenti. Sebbene il campo d’azione dell’album sia per un “serioso” ascolto, non mancano momenti che si creano spazi tutti loro come il violino di milonga che struscia (Pantera e preda), il pop amaro stile anni ‘60 che guarda indietro (Carbonia) o il walzerino d’antan che crea in Giacomino dalla bella voce l’atmosfera del Primo Novecento, tutte sensazioni che gli Abetito Galeotta disegnano e poi rendono in musica con una predominante di classe e professionalità degna di pochi, sconosciuta a molti. In un tempo in cui tutto “deve”essere fatto veloce per stimolare l’ascoltatore smaliziato, ma ancor più per accontentare a tutti i costi la fetta sempre più grossa e propensa di pubblico che “esige” solo musica da mainstream, loro, questi cantori d’altri tempi incapsulati nell’odierno fanno la vera differenza, fanno quella intercapedine salvifica e magnifica di un “fuori programma” estemporaneo e inattaccabile nel tempo, anche perché il tempo lo stabiliscono solo loro ed in maniera assolutamente piacevole. Da avere !" (Max Sannella)

 

Il Messaggero - Marche (30/05/2013): "Esiste ancora chi crede nel disco, inteso come suggestivo oggetto da scartare al momento dell'acquisto, quando sul lettore parte la musica e al tempo stesso si ammira la copertina, seguita dal libretto da sfogliare coi testi delle canzoni. Ecco, crederci in tempo di mp3 e internet non è solo mero atto nostalgico, ma vero attaccamento alla musica. Lo sanno bene gli Abetito Galeotta, seguitissima band picena che a due anni di distanza torna col nuovo "Cambi di Stagione". Un'opera che prosegue il discorso artistico dell'esordio "Bagaglio a mano", sempre sospeso in un'atmosfera da sogno, ispirata dalle liriche efficaci di Manlio Agostini e dalle sapienti orchestrazioni di Marco Pietrzela. Curiosità: nel disco spiccano i brani dedicati al brigante Piccioni (figura storica e leggendaria del Piceno di metà Ottocento) e Carbonia, scritto per i minatori sardi del Sulcis. Encomiabile il lavoro grafico di Marco Zaini, autore della copertina e degli splendidi disegni interni." (Luca Capponi)

 

 

"BAGAGLIO A MANO" (2010)

 

Rockit.it (26/07/2012): “Cantautorato classico e raffinato con testi poetici e impegnati(vi), adagiati su sonorità folk tradizionali ed analogiche. Chitarra acustica, flauto traverso e percussioni ai quali si aggiungono occasionalmente strumenti nobili quali tromba, sax, piano, violino e violoncello. Gli Abetito Galeotta con questo loro esordio stupiscono per l’abilità nel comporre brani strutturati e complessi ma allo stesso tempo dotati di una buonissima orecchiabilità. Gli arrangiamenti sono eleganti, curati nei minimi dettagli ed impreziositi dai tanti strumenti. Il vero punto di forza della compagine picena sono comunque le liriche, così dannatamente ben scritte da entrare subito in circolo e contestualmente da risultare pienamente comprensibili solo dopo numerosi ed attenti ascolti. Ognuna delle 12 tracce ha infatti almeno una strofa o un passaggio di rilievo e da appuntare, e sarebbero troppe se le riportassi tutte.“Bagaglio a mano” è dunque un ottimo album, soprattutto per quel suo essere una sorta di romanzo musicato che in quanto tale richiede ascolti/letture e tempo per essere compreso fino in fondo e, in questo caso, decisamente apprezzato.” (Gabriele Bacchilega)



Wiple.it (02/05/2013): "Un accostamento ai gruppi acustici più famosi di questo secolo non dispiace affatto. La musica è curata magnificamente, gli strumenti si uniscono e creano un tappeto armonico lineare, leggero e assortito che non ha mancanze ne strumentali ne tecniche." (Borelli Angelo Salvatore)



Giornalesegreto.com (23/01/2013): "La musica che gira è sempre la stessa!" credo che nessuno di voi ha più questa convinzione. Specialmente per chi si è fatto conquistare dall' INDIE Italiano sa che le cose non stanno così. "Lasciate perdere le solite radio e i soliti pezzi commerciali" sembrano urlarci diversi dei gruppi che presentiamo su queste pagine. Ed è così anche in questo caso: gli Abetito Galeotta sono una band che ci regala nuove sonorità, tutte da scoprire. "Bagaglio a mano" è il loro disco d'esordio. Nelle prime tracce troverete dei forti richiami folk, quasi medioevali. Nella seconda parte dei brani più contemporanei. La loro forza sono sicuramente i testi, che riescono a scolpire, nota dopo nota, immagini e ambientazioni.” (Mikael Compo)

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You-ng.it (01/01/2013): “Le liriche di Manlio Agostini giocano talvolta nell’intimo con il molteplice significato delle parole. Il Do è una nota da accordare, un sentimento da donare, un piccolo possesso da barattare, e una via di fuga che è un tornare. Il viaggio immaginario comprende la storia e i sogni, si sofferma su personaggi leggendari che cercano i limiti della conoscenza, “oltre non segue la nostra luce”, e incontrano il fuoco dell’inquisizione. Percorre “città dalle torri cadenti “ che evocano il passato, e altre che si aprono al mare sconfinato del futuro: “quest’ampia distesa è oceano infinito”. E’ un costante tornare al fondo della propria inquietudine, dove soffermarsi e poi ripartire: “perché atterrare e meglio, ma più di tutto è il volo a liberare l’uomo dall’ordine che ha dentro. A liberare l’uomo dall’ultimo silenzio”. E’ un uomo che viaggia con un piccolo bagaglio, che non ha bisogno di molto cose da portare con sé. La felicità non risiede alla corte di un Re, che nei secoli cambia nome ma riproduce e perpetua i rodati meccanismi del potere che suggeriscono il divertimento effimero e distraggono dall’essenziale: “giù, nel fondaco più recondito del niente, ti creavo e distruggevo nel medesimo istante”. Si percepisce spesso il bordo dell’abisso, l’alcool, le droghe, i farmaci, la vacuità che potrebbe in attimo far deragliare. Allo stesso tempo emergono lampi di luci e di possibilità: “venerdì magari chiudo”, c’è “un uomo che contava le stelle”, che ha “Picasso dentro”. Un uomo che trova “una goccia di brina che purifica il giorno”, e, alla fine del viaggio, esce da sé e incontra l’Amore. Un poetico viaggio interiore, nella cornice di una città antichissima, Ascoli Piceno, in un territorio che alterna paesaggi dolcissimi e gole aspre che conducono ai monti leggendari delle sibille, a ridosso dei quali, durante un “ritiro mistico” un giorno di 5 anni fa, i componenti degli Abetito Galeotta, si ritrovarono e decisero di dare vita al gruppo, che dopo la pubblicazione di “Bagaglio a mano”, due anni fa, è nuovamente in sala di registrazione, per il prossimo lavoro, previsto in uscita nel prossimo mese di aprile e di cui conosciamo già il titolo: “Cambi di stagione”. Nelle atmosfere acustiche del gruppo, che oltre a Manlio Agostini, alla chitarra acustica, si avvale delle tastiere di Alessandro Corradetti e delle percussioni di Simone Biancucci, giganteggia il flauto traverso di Marco Pietrzela, autore delle musiche, con Manlio Agostini, e di cui si percepisce l’impronta classica. La struttura dei brani è complessa e al tempo stesso orecchiabile. “Oggi” afferma Marco Pietrzela, “troppo spesso , in ambito classico, sento musiche molto complesse e articolate che sono un tornado, ma solo per la mente... il tecnicismo prevale sul sentimentalismo e quindi il tutto risulta decisamente troppo tecnico e poco poetico, mentre, per me, la musica deve essere un sussurro al cuore e uno alla mente.” (Angelo Gabrielli)



Il Resto del Carlino - Marche (21/11/2010): "E' una bella scommessa cercare di andare avanti a colpi di strumenti acustici nell'epoca in cui moltissimi fanno musica comodamente seduti davanti allo schermo di un computer. Gli Abetito Galeotta sono dei tipi testardi e ci provano comunque e con risultati davvero lusinghieri. Il loro primo disco Bagaglio a mano e' uscito alla fine di ottobre, 12 tracce di cantautorato moderno che filano via senza sbavature ne' cadute di stile...Finalmente anche una scena tradizionalmente immobile come quella del cantautorato all'italiana guarda verso il futuro." (M. D. V.)



Piceno 33 (Novembre 2010): "Nelle precedenti edizioni di questa rubrica si sono susseguiti gruppi musicali dal genere musicale abbastanza simile, dal rock al pop, dal funky al blues. Questa volta, invece, presentiamo un gruppo un po' fuori dalle righe. Chitarre acustiche, percussioni, contrabbasso e pianoforte sostituiscono rispettivamente chitarre elettriche, batteria, basso e tastiera, ma possiamo annoverare anche il flauto traverso, il violino, il sax e l'armonica tra gli strumenti utilizzati nel loro primo disco Bagaglio a mano. Un concept album in cui gli Abetito Galeotta vogliono raccontare un viaggio, quello della vita che ha un inizio e una fine, un'alba e un tramonto." (Sergio Consorti)



Il Corriere Adriatico (11/11/2010):  “Riscoprire il passato attraverso i suoni e le leggende del territorio, contaminandolo col piglio poetico della musica cantautorale italiana e col vissuto immortale di sonorità classiche. Tutto questo, tra ricerca popolare e testi concepiti da viaggi effettuati a cavallo del tempo e delle emozioni verso terre lontane, è alla base del primo disco degli Abetito Galeotta.” (Filippo Ferretti)



Il Messaggero - Marche (25/10/2010):  “In uscita oggi l’interessante album della band ascolana dal titolo Bagaglio a mano: dal folk ai cantautori, passando per la musica classica. Arrivano dal Piceno i nuovi alfieri del cantautorato nazionale. Si tratta di dodici brani intensi e lirici, dove gli echi dei grandi cantautori sono ben presenti, rilanciati però dalla freschezza degli arrangiamenti e dalla profondità dei testi.” (Luca Capponi)



La Voce (Giugno 2011): "La loro musica non è quella immediata che si ascolta e si canticchia alla radio, non è nemmeno quella alternativa del rock. Si definiscono folk ma il loro genere è distante anche da quel folk preso spesso a modello di Leonard Cohen e Bob Dylan. Musica difficile: strumenti a percussione, flauti traverso, violini, violoncelli, sax, tamburi, mandolini e altro ancora accompagnano una più ortodossa chitarra acustica. Nell’ottobre del 2010 è uscito il loro primo album, “Bagaglio a mano”. Si tratta di un “concept-album”, controcorrente nelle scelte musicali, profondo nei testi, nel quale un unico motivo accomuna tutte e dodici le tracce: il sogno. In tutto l’album i toni sono ovattati, onirici (effetto dovuto alla presenza di flauti e all’aver sposato la musica cantautorale con quella classica). Il “bagaglio a mano” è la mente stessa, la soggettività, il pensiero, gli occhi che tutti usiamo per cogliere la realtà, o filtrarla, o per immaginarne un’altra da contrapporre come un modello a quella debole, materialista e corrotta che conosciamo. E che c’è sempre stata. Perché la gente non è ancora “con rarissima umiltà colta e non bigotta”, perché “i re dei nostri giorni cambian nome, non persona” e si divertono esattamente come si divertivano tra le donne ed il cibo, alla faccia del popolo lavoratore, i dittatori di tempi indefiniti; perché Cecco d’Ascoli morì sul rogo come eretico per la fede cieca, chiusa e ignorante di chi “non sa quel che fa”. Processo non diverso da quello per cui oggi si tende ad emarginare. All’inizio del disco il mondo viene rigettato (“a ‘sto mondo io non ci credo”) e si cerca affamati un’alternativa, un “uomo nuovo”. Eccolo, il sogno. Il sogno è la)musica. Il sogno è la storia. E’ l’arte, la poesia. E’ fede, fede in ciò che di divino c’è nell’uomo. Non è un semplice volo pindarico di fantasia sterile. E’ la razionalità di chi cerca di spiegare il mondo e Dio con la scienza senza rinunciare a credere, è lo sguardo bambino delle cose e dei fatti, quello infantile che cerca l’uomo nelle fiabe, nelle sue espressioni più folli e geniali, e non in simboli aridi. Ma “in questo emisfero essere bambino non conta già più”, a “Cecco, Crivelli e Licini” (Francesco Stabili, autore dell’Acerba, contemporaneo di Dante; Carlo Crivelli, artista del XV secolo; Osvaldo Licini, pittore astrattista del primo Novecento) si oppongono non persone ma personaggi, non uomini ma simboli ben più noti e poveri, si oppongono le “olive, Allevi e cremini”, senza i quali, si dice amaramente, “faremmo pietà”. Si avvistano le prime crepe: il sogno e la realtà si trovano a contatto, si intersecano e si rifiutano vicendevolmente. A metà disco il sogno va in pezzi. Si fa largo la disillusione; la fiducia nell’”uomo nuovo” è totalmente crollata, si spande veleno. Prima si riconosceva l’importanza di rimettere i piedi per terra, di “atterrare”, ma si preferiva il volo perché è quanto di meglio ci sia “per liberare l’uomo / dall’ordine che ha dentro / per liberare l’uomo / dall’ultimo silenzio”. Ora questo volo, quest’abitudine a sognare, è una dipendenza, un vizio come l’alcool: “La mia droga è un alto muro di cemento elaborato / che qualcuno ha costruito e m’ha isolato // La mia droga ha un buon sapore nel palato / digerita da un sonetto che mi viene / nel pattume vomitato dalle sere / bevo lirica, così canto la sete”. C’è sfiducia in quelle capacità in cui prima si credeva, disillusione, paura del futuro, paura e non aspettativa, nel credere che tutto sia già scritto. E’, questo, un viaggio. Un’evoluzione nella mente umana. “Bagaglio a mano” inizia con una mancanza, mancanza di autenticità, prosegue con la sua ricerca attraverso fierezza e sconforto. C’è un continuo cercare. La Felicità, si dice, ha un’“indole fantasma” che “sfianca”. E’ caduca e sfuggente: la ricerca è senza fine e da questo viaggio non si esce con le mani più piene. Non se ne esce con le mani piene, ma se ne esce ricchi comunque, in un altro senso, quello più autentico; si muore e si rinasce di continuo, e ogni rinascita dà qualcosa. Nell’ultima canzone del disco, il viaggiatore trova solidità, la trova da più precario che mai: inseguendo “l’inseguitrice di sogni”, accettando la sua condizione di apolide. Di certezze non ne ha ancora, l’”inseguitrice” è “l’enigma irrisolto”, ma la ama, e di un amore maturo e sereno. Non si agisce ancora, siamo solo nella sfera della volontà e non dell’azione effettiva. Tutto è aperto, tutto è da capo. Il viaggiatore ha rifiutato l’amore insoddisfacente all’inizio, conosciuto quello sfuggente e conturbante poi, ora è a casa. Ulisse è tornato da dov’era partito; con il suo approdo ad Itaca e la “ninna nanna” di Brahms si chiude il viaggio." (Caterina Pavoni)

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